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FAQ Ginecologica

L’ecografia ginecologica è rivolta allo studio della pelvi femminile, per la valutazione dell’utero e delle ovaie.
L’esame può essere condotto per via transaddominale, mediante l’uso di sonde che vengono appoggiate sull’addome, o per via transvaginale, mediante l‘impiego di sonde che vengono introdotte in vagina.
La via transaddominale consente di avere una visione più ampia e “panoramica” della pelvi, di studiare organi particolarmente ingranditi, e di valutare i rapporti tra i genitali interni e gli organi vicini. Svantaggio dell’ approccio transaddominale è che richiede sempre un adeguato riempimento vescicale.
La via transvaginale consente di esaminare più da vicino l’utero e le ovaie acquisendo in questo modo un numero maggiore di dettagli. Non richiede nessun tipo di preparazione ed è di solito ben tollerata dalla paziente. All’esame per via transvaginale possono però sfuggire strutture “lontane” dalla sonda.

L’ esame viene di solito richiesto dal medico specialista ginecologo in funzione dei sintomi riferiti dalla paziente (dolori pelvici, irregolarità mestruali, sanguinamenti atipici) o sulla base di quanto accertato o sospettato durante la visita ginecologica (utero o ovaie ingrandite, dolenti). Indicazioni più particolari sono il monitoraggio dello spessore endometriale in pazienti in terapia con farmaci che possono stimolare la crescita dell’ endometrio o il follow-up delle pazienti in precedenza operate di tumori pelvici. A seconda della finalità dell’ esame, può essere indicato effettuare l’ esame in fasi particolari del ciclo. Se vi è il sospetto di un polipo endometriale è opportuno effettuare l’ ecografia entro il 7°-8° giorno del ciclo, mentre se si vuole studiare la forma dell’utero per escludere eventuali malformazioni uterine, l’ecografia va eseguita in fase pre-mestruale.

L’ esame può essere condotto o per via transaddominale mediante l’uso di sonde addominali che vengono appoggiate sull’ addome o per via transvaginale mediante l ‘impiego di sonde transvaginali che vengono introdotte in vagina.

  • La via transaddominale consente di avere una visione più ampia e “panoramica” della pelvi, di studiare organi pelvici particolarmente e patologicamente ingranditi, e di valutare i rapporti tra i genitali interni e gli organi vicini. Svantaggio dell’ approccio transaddominale è che richiede sempre un adeguato riempimento vescicale.
  • La via transvaginale consente di esaminare più da vicino l’ utero e le ovaie acquisendo in questo modo un numero maggiore di dettagli. Non richiede nessun tipo di preparazione ed è di solito ben tollerata dalla paziente. All’ esame per via transvaginale possono sfuggire strutture “lontane” alla sonda (extrapelviche).

Le sonde addominali o transvaginali forniscono nella maggior parte dei casi immagini bidimensionali;l’utilizzo di sonde tridimensionali è riservato solo allo studio delle malformazioni uterine.

L’ecografia ginecologica consente di esaminare:

  • l’utero definendone la posizione, le dimensioni, la forma, la regolarità del profilo. Nei casi in cui si riscontri la presenza di fibromi uterini, è possibile definirne il numero, la localizzazione e le dimensioni. Si può valutare la presenza di eventuali fibromi, di malformazioni uterine o di polipi
  • le ovaie: è necessario descrivere le dimensioni e l’ aspetto. In presenza di cisti ovariche bisogna riportarne le dimensioni e le caratteristiche ecografiche, cioè l’ ecogenicità, la presenza di setti o di vegetazioni endocistiche, la vascolarizzazione ovvero tutte quelle informazioni che possono indicativamente orientarci verso la natura della cisti.
  • Le tube: non sono generalmente visibili, se non nei casi di patologia tubarica perché risultano ingrandite dalla presenza di raccolte endotubariche.

Non sempre l’ ecografia pelvica sia transaddominale che transvaginale consente di escludere con certezza una patologia a carico dei genitali interni.

La localizzazione della placenta deve essere valutata sia nel secondo sia nel terzo trimestre: una placenta giudicata “bassa” nel secondo trimestre può “risalire” con l’accrescimento dell’utero durante l’ultimo trimestre, ma può anche conservare la propria posizione rimanendo “bassa”. In base quindi ai risultati dell’ecografia del terzo trimestre il ginecologo dovrà discutere con la paziente sui controlli da effettuare e sulla modalità del parto.

Se l’immagine dell’ecografia transaddominale non permette di valutare con precisione la posizione della placenta, si può ricorrere all’ecografia transvaginale, che risulta più accurata per questo tipo di analisi.

Perché la valutazione della crescita del feto sia attendibile la distanza minima tra due misurazioni deve essere di due settimane. Nel caso vengano effettuate a intervalli di tempo inferiori, è possibile incorrere in valutazioni errate.

La crescita del feto è uno degli indicatori del regolare decorso della gravidanza: una sua alterazione può essere infatti spia, soprattutto nel terzo trimestre, di alcune patologie, quali il diabete gestazionale o un ritardo nello sviluppo del feto, che spesso si associa alle patologie della gravidanza caratterizzate dall’ipertensione, come per esempio la pre-eclampsia.

Giunti al terzo trimestre, sono numerosi i fattori che nel corso dei mesi possono aver influenzato la crescita fetale, che di per sé varia comunque da gravidanza a gravidanza: alcune patologie materne (per esempio il diabete o le malattie ipertensive legate alla gravidanza e non) e/o del feto (come un ritardo della crescita da insufficienza placentare, ovvero a causa di una ridotta funzionalità della placenta), infezioni, sindromi cromosomiche o genetiche. In caso la gravidanza sia stata datata nel primo trimestre, deve sempre essere mantenuta tale datazione; se vengono quindi rilevate misure del feto (per esempio della testa o del femore) discrepanti rispetto a quelle attese, lo specialista non deve ridatare la gravidanza, ma può ipotizzare un’anomalia della crescita fetale. In questo caso, sarà possibile eseguire ulteriori approfondimenti, come un controllo ecografico della crescita a distanza di almeno due settimane, una Dopplerflussimetria, un’ecografia di secondo livello (ovvero più dettagliata), e anche alcuni esami sulla futura mamma, con lo scopo per esempio di identificare eventuali infezioni. Una ridatazione della gravidanza nel terzo trimestre sarebbe quindi errata e fuorviante e potrebbe impedire il riconoscimento di eventuali patologie della madre o del feto.

FAQ Gravidanza

Nei primi tre mesi di gravidanza, l’ecografia consente di definire la sede della gravidanza, il numero di embrioni o feti, di visualizzare l’attività cardiaca, di valutare se l’epoca gestazionale corrisponde alla data dell’ultima mestruazione e di misurare lo spessore della translucenza nucale. Nel secondo trimestre di gravidanza, l’ecografia permette di studiare l’anatomia fetale e di valutare se le dimensioni fetali (testa, addome, femore) corrispondono ai valori di riferimento per quell’epoca gestazionale. In questo stesso periodo, si visualizzano la sede di inserzione placentare e la quantità di liquido amniotico. Quest’ecografia viene effettuata di solito tra la 19a – 22a settimana e viene comunemente chiamata ecografia morfologica o ecografia di screening delle malformazioni fetali del secondo trimestre. Nel terzo trimestre, l’ecografia serve a valutare l’accrescimento fetale, la quantità di liquido amniotico, la localizzazione placentare e la presentazione fetale. Viene effettuata tra la 30a-34a settimana e viene definita come l’ecografia dell’accrescimento.

L’ecografia in gravidanza ha scopi diversi a seconda dell’epoca gestazionale in cui viene eseguita.

  • Nel primo trimestre l’ecografia consente di definire la sede di impianto dell’embrione, accertando che non si tratti di una gravidanza extrauterina, di capire se la gravidanza è singola o gemellare, di visualizzare il battito cardiaco del feto, di valutare se l’epoca gestazionale corrisponde alla data dell’ultima mestruazione e di misurare lo spessore della translucenza nucale.
  • Nel secondo trimestre l’ecografia permette di studiare l’anatomia fetale e di valutare se le dimensioni di testa, addome e femore corrispondono ai valori di riferimento per quell’epoca gestazionale (ecografia morfologica). In questo stesso periodo, si visualizzano la sede d’inserzione della placenta, per verificare che non sia in una posizione che potrebbe ostacolare il parto (placenta previa) e si valuta la quantità di liquido amniotico.
  • Nel terzo trimestre, l’ecografia serve a controllare di nuovo l’accrescimento fetale, la quantità di liquido amniotico, la localizzazione della placenta e infine la modalità di presentazione del feto (presentazione fisiologica o presentazione podalica).

Per datazione si intende il processo con il quale si verifica, in base alle misure effettuate mediante l’ecografia, che la grandezza del feto sia corrispondente a quella prevista in base al numero di settimane trascorse dalla data dell’ultima mestruazione. Le misure che si rilevano per datare una gravidanza sono: il diametro e la circonferenza della testa (BPD e CC), la circonferenza addominale (CA) e la lunghezza di un femore.

È necessario ricalcolare la datazione della gravidanza solo quando le misure del feto rilevate con l’ecografia non corrispondono a quelle che erano state presunte in base alla data dell’ultima mestruazione riferita dalla gestante; in particolare, per la normale variabilità delle dimensioni del feto, è importante sottolineare che non va ridatata una gravidanza se la discrepanza tra le misure rilevate ecograficamente e quelle attese è – nel secondo trimestre – minore di due settimane. Quindi, non ha senso affermare che il feto è più grande o più piccolo “di tre o quattro giorni”.

L’obiettivo principale dell’ecografia ostetrica del secondo trimestre (detta anche impropriamente ecografia “morfologica” o strutturale) è di studiare l’anatomia del feto, per rilevare eventuali malformazioni congenite. Inoltre, se non è già stata effettuata un’ecografia nel primo trimestre di gravidanza, serve anche per determinare la presenza di eventuali gemelli e per stabilire l’epoca gestazionale.

I gemelli hanno, rispetto ai feti singoli, un rischio più elevato di non crescere adeguatamente durante la gestazione. Per monitorarne l’accrescimento, nel terzo trimestre si effettua quindi un numero più elevato di ecografie rispetto a quanto avviene per le gravidanze singole. In particolare, esiste una patologia tipica delle gravidanze gemellari monocoriali (ovvero quelle in cui i gemelli condividono la stessa placenta) chiamata sindrome da trasfusione gemello-gemello: questa patologia comporta tra i suoi sintomi la ridotta crescita di un gemello e la normale o eccessiva crescita dell’altro. Ecco perché il monitoraggio della crescita mediante ecografia è ancora più frequente nelle gravidanze gemellari monocoriali rispetto alle gravidanze bicoriali (quelle in cui ogni gemello ha la propria placenta).

Nel terzo trimestre l’ecografia si esegue per via transvaginale solo:

  • per valutare la posizione della placenta rispetto all’orifizio uterino interno, nel caso ci sia il sospetto di placenta previa;
  • per effettuare una cervicometria;
  • qualora il feto si trovi in presentazione cefalica e sia impossibile con un’ecografia transaddominale misurarlo o studiare l’anatomia dell’encefalo nel caso se ne sospetti un’anomalia.

La cervicometria è la misurazione della lunghezza del collo dell’utero. Essa viene effettuata in caso di contrazioni dolorose e frequenti che facciano temere per un parto pretermine, in particolare se avvengono prima delle 34 settimane di gestazione. La cervicometria si esegue preferibilmente mediante un’ecografia transvaginale, che permette di valutare con maggiore precisione il collo dell’utero.

Il termine polidramnios indica la presenza di una eccessiva quantità di liquido amniotico. Nella metà dei casi è impossibile identificarne la causa, e spesso questa condizione si presenta in un feto normale. Al contrario, in alcuni casi il polidramnios grave si associa a malformazioni del feto (soprattutto a patologie ostruttive a carico del tratto gastroenterico superiore) oppure al diabete materno nel caso in cui non venga adeguatamente controllato. Bisogna però ricordare che i feti con crescita ai limiti superiori della norma producono più urina, e in tal caso la quantità di liquido amniotico potrà arrivare a valori molto vicini a quelli che caratterizzano il polidramnios.

Il termine oligoamnios indica la presenza di una ridotta quantità di liquido amniotico rispetto alla norma. L’oligoamnios può essere un segnale di una patologia (malformazioni dei reni, rottura delle membrane, rallentamento nella crescita del feto a causa di un malfunzionamento della placenta). Arrivati invece al termine della gravidanza, è possibile che il liquido si riduca fisiologicamente in modo progressivo fino all’inizio del travaglio.

Il liquido amniotico a partire dal secondo trimestre è costituito principalmente dall’urina fetale. Esso, oltre a essere un indicatore della funzionalità dei reni, è uno dei fattori che forniscono informazioni sul benessere del feto. Un’eccessiva (polidramnios) o ridotta (oligoamnios) quantità di liquido amniotico spesso può segnalare la presenza di malformazioni congenite o di patologie della crescita fetale. In alcuni casi il liquido amniotico può essere però fisiologicamente aumentato o ridotto: per esempio, feti molto grandi in madri non diabetiche producono molto liquido proprio a causa delle loro dimensioni. Al termine della gravidanza, invece, il liquido amniotico è fisiologicamente più scarso e la sua riduzione costituisce uno dei segnali dell’avvicinarsi del travaglio di parto.

Per dolicocefalia si intende una conformazione del cranio “allungata” caratterizzata da un ridotto diametro biparietale (ovvero la distanza tra orecchio e orecchio), talvolta al di sotto dei limiti di norma, e da un aumentato diametro antero-posteriore (diametro fronto-occipitale, cioè la distanza dal punto di contatto del naso con la fronte al punto più sporgente dell’occipite). La dolicocefalia viene riscontrata di frequente in feti posti in presentazione podalica ma che non presentano alcuna patologia. In questi casi la circonferenza cranica rientra comunque quasi sempre nella norma. Alcune forme di dolicocefalia sono ereditarie, mentre raramente sono associate a una sindrome patologica.

La placenta si definisce previa quando si trova in prossimità (placenta previa marginale) o in corrispondenza (placenta previa centrale) dell’orifizio uterino interno. In caso di placenta previa è spesso necessario stare a riposo per evitare il pericolo di emorragie e anticipare il momento del parto, che avviene sempre con taglio cesareo.

È importante valutare la posizione della placenta all’interno dell’utero per escludere l’eventualità di una placenta previa. In caso di placenta previa è spesso necessario stare a riposo per evitare il pericolo di emorragie e anticipare il momento del parto, che avviene sempre con taglio cesareo.

La crescita di un feto viene considerata nella norma quando le misure rilevate sono comprese tra il 10° e il 90° percentile per l’epoca gestazionale. In caso i valori rilevati siano al di sotto del 10° percentile o al di sopra del 90°, lo specialista deciderà quali ulteriori accertamenti effettuare per valutare l’eventuale presenza di una patologia dell’accrescimento fetale.

Nelle donne che in gravidanza soffrono di ipertensione aumenta il rischio di un ridotto accrescimento del feto. In questi casi, le misure del feto (soprattutto della circonferenza addominale e talvolta della lunghezza del femore) possono essere ai limiti inferiori della norma, oppure si può assistere a un rallentamento nella curva di crescita del feto. Le patologie ipertensive che insorgono in gravidanza e il ritardo nella crescita fetale spesso sono causate entrambe da un inadeguato sviluppo della placenta.

In questi casi, è quindi indicato effettuare, oltre al controllo della crescita fetale mediante ecografia, anche una Dopplerflussimetria delle arterie ombelicali e delle arterie uterine, che fornisce informazioni sullo stato di salute del feto. In base ai dati raccolti da entrambe le analisi, lo specialista deciderà quando effettuare il controllo successivo.

Nelle donne che in gravidanza soffrono di diabete (soprattutto se questa patologia era stata diagnosticata prima della gravidanza ed è di tipo insulino-dipendente) è maggiore il rischio che il feto cresca più del normale, soprattutto a livello addominale. Questo accrescimento eccessivo aumenta il rischio di complicanze durante il parto e nel bambino una volta venuto al mondo. La crescita del feto può quindi fornire un’idea dell’andamento di questa patologia durante la gravidanza, e perciò può essere di aiuto per lo specialista nel decidere come comportarsi. In alcuni casi, inoltre, se le misure del feto sono ben oltre la norma, è possibile che il ginecologo decida di anticipare il parto per ridurre il rischio di complicazioni (come la distocia della spalla).

È necessario valutare con l’ecografia la crescita del feto nel caso in cui lo specialista sospetti che stia crescendo troppo o troppo poco. In particolar modo:

  • quando la lunghezza sinfisi-fondo (ovvero la distanza tra il margine superiore della sinfisi pubica materna e il fondo dell’utero, cioè la sua parte più alta), che permette di valutare la crescita dell’utero, risulta al di sotto o al di sopra della norma oppure nel caso in cui si verifichi un’accelerazione o un rallentamento nella sua crescita;
  • nel caso di patologie della futura mamma, come l’ipertensione o il diabete;
  • nelle gravidanze gemellari;
  • in caso sia stata diagnosticata una malformazione del feto nel secondo trimestre;
  • nel caso in cui, durante una precedente gravidanza, si siano verificate anomalie della crescita del feto;
  • nel caso in cui durante l’ecografia ostetrica del secondo trimestre lo specialista abbia identificato una possibile patologia della crescita fetale.

I parametri utilizzati per la valutazione della crescita fetale sono:

  • il diametro biparietale, ovvero la distanza da orecchio a orecchio;
  • la circonferenza del cranio;
  • la circonferenza dell’addome;
  • la lunghezza del femore.

Questi parametri possono essere utilizzati anche per la stima del peso fetale.

Le Linee guida nazionali dell’Istituto superiore di sanità consigliano, a partire dalle 24 settimane di gestazione, di misurare la lunghezza “sinfisi-fondo”, ovvero la distanza tra il margine superiore della sinfisi pubica materna e il fondo dell’utero, cioè la sua parte più alta. Tale parametro può essere valutato in qualsiasi ambulatorio, semplicemente utilizzando un metro da sarta. La valutazione della crescita dell’utero nel tempo utilizzando questo metodo consente di identificare un eventuale difetto o eccesso nella crescita del feto. Nel caso si sospetti un’anomalia, si può quindi ricorrere all’ecografia ostetrica del terzo trimestre. È bene però ricordare che, pur essendo un utile campanello d’allarme, un’anomalia della crescita dell’utero non necessariamente implica un’anomalia della crescita del feto, in quanto la lunghezza sinfisi-fondo è il risultato di diversi fattori: dimensioni del feto, ma anche quantità di liquido amniotico, spessore del pannicolo adiposo materno, ecc.

Per terzo trimestre si intende il periodo compreso tra il compimento delle 26 settimane e il termine della gravidanza. L’epoca gestazionale più idonea per l’esecuzione di un’ecografia ostetrica nel terzo trimestre viene determinata dal medico in base alle informazioni fornite dalla paziente e alle sue condizioni di salute. Di solito, viene eseguita tra le 28 e le 32 settimane di gestazione.

Alcune anomalie congenite hanno un carattere “evolutivo”, cioè si evolvono nel corso della gravidanza, e quindi possono non essere visibili nel secondo trimestre, ma solo nel terzo, e talvolta soltanto alla nascita o nei mesi successivi. Altre malformazioni sono invece già presenti per esempio nel secondo trimestre, ma possono essere visualizzate solo nei mesi successivi. Alcuni esempi di malformazioni anche gravi che vengono frequentemente diagnosticate verso la fine della gravidanza sono: la microcefalia (cioè quando le dimensioni del cranio sono ridotte rispetto alla norma) , alcune anomalie della corteccia cerebrale, una forma di nanismo detta nanismo acondroplasico, alcune cardiopatie (come la coartazione aortica e la stenosi valvolare) e l’ernia diaframmatica.

L’ecografia ostetrica del terzo trimestre non ha lo scopo di mettere in evidenza malformazioni nelle gravidanze a basso rischio, ma può servire a chiarire eventuali sospetti o verificare anomalie individuate nei controlli precedenti. Inoltre, alcuni organi vengono comunque analizzati perché talvolta possono essere interessati da patologie a carattere evolutivo, cioè che si evolvono nel corso della gravidanza.

Il peso del feto non si può misurare, ma solo stimare in base a formule matematiche in cui si inseriscono le misure della testa, dell’addome e del femore rilevate con l’ecografia. Il calcolo è inficiato da un possibile errore in difetto o in eccesso che in media è del 10%, ma può essere anche maggiore per feti molto piccoli o molto grandi. Questo significa, per esempio, che se il peso stimato di un feto è 3 kg, quello reale potrà variare tra circa 2,7 e 3,3 kg. Per questo motivo, la stima del peso del feto non è raccomandata se non in casi particolari. Bisogna inoltre tenere conto di due ulteriori aspetti: innanzitutto, il peso stimato si riferisce al momento dell’esame e non a quello della nascita; tale dato può quindi modificarsi considerevolmente nelle ultime settimane, durante le quali la velocità di crescita può aumentare moltissimo oppure rallentare fino a fermarsi. Infine, il buon esito di un parto spontaneo non dipende in molti casi dal peso del feto.

No, l’ecografia ostetrica del terzo trimestre non può essere utilizzata per datare la gravidanza. Per tale scopo si fa riferimento alle ecografie eseguite prima delle 22 settimane di gestazione.

Anche se la normativa italiana prevede che si esegua a ogni gestante un’ecografia nel terzo trimestre, vi sono alcune regioni (come per esempio il Piemonte) nelle quali la stessa non è garantita nell’ambito del Sistema Sanitario Nazionale in quanto non vi sono chiare prove scientifiche che l’esame effettuato in questa epoca gestazionale contribuisca a migliorare l’esito finale della gravidanza.  È comunque indicata:

  • quando, a causa di malattie della madre diagnosticate prima o durante la gravidanza (diabete, ipertensione, ecc.), c’è un alto rischio che il feto possa aumentare di peso troppo o troppo poco;
  • quando, durante la visita, il ginecologo riscontra chel’utero è troppo o troppo poco sviluppato, e perciò sospetta un’anomalia nella crescita del feto;
  • quando la gravidanza è gemellare;
  • quando nel feto sono già state evidenziate nei mesi precedenti anomalie o malformazioni;
  • quando la donna ha perdite di sangue dalla vagina, o per altre ragioni, si sospetta un’anomalia nella posizione della placenta.

L’esame si esegue appoggiando sull’addome della gestante (via transaddominale) una sonda che, emettendo e ricevendo ultrasuoni, permette di visualizzare e quindi studiare gli organi e le strutture del corpo del feto. Tuttavia, in alcuni casi, può essere necessario inserire la sonda in vagina (via transvaginale) per esempio per misurare la lunghezza del collo dell’utero (cervicometria) o per valutare la posizione della placenta in relazione all’orifizio uterino interno (in caso di placenta bassa).

Nell’ecografia ostetrica del terzo trimestre si valutano:

  • l’attività cardiaca del feto;
  • la situazione del feto (cioè l’orientamento rispetto all’utero, che può essere longitudinale, obliquo o trasverso), e la sua presentazione (cefalica o podalica, ovvero la parte del corpo rivolta verso il basso);
  • la quantità di liquido amniotico;
  • le misure del feto (biometria fetale),in particolare il cosiddetto diametro biparietale (in pratica la distanza da orecchio a orecchio), la circonferenza cranica, la circonferenza dell’addome, la lunghezza del femore;
  • alcune caratteristiche anatomiche del feto (la normalità dei ventricoli cerebrali, delle quattro camere cardiache, della bolla gastrica, di reni e vescica);
  • la posizione della placenta.

Nelle gravidanze gemellari tali valutazioni vanno ovviamente effettuate per ciascun feto.

La struttura della parte esterna delle orecchie (padiglione auricolare) è visualizzabile con l’ecografia del secondo trimestre. Tuttavia, non è previsto che venga analizzata poiché la forma delle orecchie è estremamente variabile da individuo a individuo e non permette di diagnosticare eventuali problemi di sordità.

Purtroppo non è possibile capire con un’ecografia se il bambino vedrà e sentirà. Ovviamente, in presenza di gravi malformazioni degli occhi (per esempio se mancano completamente, come nei casi anoftalmia o microftalmia), è possibile dedurre che il bambino non vedrà, ma in generale la presenza degli occhi e la visualizzazione della struttura esterna dell’orecchio (padiglione auricolare) non permettono di escludere un’eventuale sordità o cecità congenita.

Nell’ecografia del secondo trimestre è previsto che si valutino le “estremità”, ovvero mani e piedi. Tuttavia, la valutazione del numero e delle caratteristiche delle singole dita, specialmente per quanto riguarda i piedi (le cui dita sono molto vicine), non è sempre possibile.

L’ecografia tridimensionale non aggiunge ulteriori informazioni all’esame ecografico standard del secondo trimestre (ecografia “morfologica”); pertanto, il suo impiego non è previsto di routine. Se, durante l’ecografia “morfologica”, vengono riscontrate specifiche malformazioni, la gestante verrà inviata a un esperto in medicina fetale che utilizzerà le metodiche ritenute più idonee – tra cui l’ecografia 3D – per valutare la malformazione sospettata. L’ecografia tridimensionale consente infatti di caratterizzare o definire in modo più accurato alcune delle malformazioni rilevate con l’ecografia di screening; in altre è comunque sufficiente l’utilizzo della “normale” ecografia bidimensionale.

NO. Secondo gli studi attuali, l’ecografia tridimensionale non aggiunge ulteriori informazioni all’ecografia morfologica del secondo trimestre.

SI. I fattori che impediscono o limitano lo studio delle parti del corpo e degli organi del feto sono:

  • l’obesità e il sovrappeso della gestante, che rendono più difficile la visualizzazione del feto e, di conseguenza, riducono le possibilità di individuare eventuali malformazioni;
  • un pannicolo adiposo materno esuberante;
  • precedenti tagli cesarei, così come altri interventi chirurgici all’addome (per esempio una plastica addominale), che possono compromettere la qualità dell’esame a causa del tessuto cicatriziale che si crea in seguito all’incisione praticata durante l’operazione. Se poi obesità o sovrappeso si associano a una o più cicatrici da taglio cesareo, la qualità dell’esame si riduce drasticamente e possono non essere identificate malformazioni che invece dovrebbero essere rilevabili con questa ecografia;
  • una posizione sfavorevole del feto (in questo caso però è sufficiente attendere che il feto cambi posizione per poi ripetere l’esame);
  • una quantità troppo o troppo poco elevata di liquido amniotico;
  • una tensione accentuata dell’addome della gestante;
  • la presenza di gemelli.

Sul referto scritto dell’ecografia ostetrica del secondo trimestre devono essere riportati i seguenti dati:

  • numero dei feti, e presenza o assenza del battito cardiaco;
  • numero delle placente e dei sacchi amniotici in caso di gravidanza gemellare (qualora non sia stato eseguito l’esame ecografico del primo trimestre, quando la valutazione è più accurata);
  • localizzazione della placenta;
  • valutazione della quantità di liquido amniotico;
  • misurazione e visualizzazione di alcune parti del corpo e di alcuni organi del feto;
  • eventuale necessità di approfondimento presso centri di riferimento in caso di sospetta malformazione o patologia;
  • eventuali consigli per i successivi controlli;
  • eventuale presenza di fattori che limitano lo studio delle parti del corpo e degli organi del feto (per esempio l’obesità della gestante, una posizione del feto che non consente di visualizzarlo in maniera ottimale, la presenza di un pannicolo adiposo materno esuberante, la presenza di gemelli);
  • data e firma dell’operatore.

Chi esegue l’esame può inoltre decidere di allegare o meno al referto le immagini dell’ecografia.

Si, ma solo se non è stata eseguita l’ecografia del primo trimestre, durante la quale è possibile datare con più precisione l’epoca gestazionale.

L’esame si esegue appoggiando sull’addome della gestante (via transaddominale) una sonda che, emettendo e ricevendo ultrasuoni (onde sonore ad alta frequenza), permette di visualizzare e quindi studiare gli organi e le strutture del corpo del feto. Tuttavia, in alcuni casi, può essere necessario inserire la sonda in vagina (approccio vaginale) per valutare l’anatomia del feto in maniera più accurata, se non si riesce a farlo adeguatamente per via transaddominale, specialmente in caso di obesità materna.

Gli ultrasuoni sono utilizzati da ostetriche e ginecologi sulle donne in gravidanza da oltre 30 anni e non è mai stato riportato alcun effetto dannoso, neanche a lungo termine, sul feto. Perciò, oggi l’uso dell’ecografia è considerato sicuro sia per la futura mamma sia per il feto.

NO. Esistono alcune caratteristiche dell’anatomia del feto rilevabili con l’ecografia che possono far sospettare la sindrome di Down, ma solamente con lo studio dei cromosomi (cariotipo fetale), che si può effettuare con amniocentesi e/o villocentesi, è possibile diagnosticare con certezza questa malattia.

NO. L’esame ecografico di screening del secondo trimestre consente di identificare dal 30 al 70% delle malformazioni maggiori, a seconda dell’organo coinvolto. Non è invece compito dell’ecografia la rilevazione delle anomalie più piccole (minori).Questa metodica presenta però di per sé, e indipendentemente da chi la esegue, dei limiti, a causa dei quali è possibile che alcune anomalie anche importanti non vengano rilevate. Inoltre, esistono alcune malformazioni chiamate “evolutive” che si sviluppano o divengono visibili (nonostante il difetto anatomico sia già presente in precedenza) solo nel corso delle settimane successive all’esame.

Le  parti del corpo del feto che vanno ricercate e/o misurate durante l’ecografia del secondo trimestre sono:

  • le varie parti del cervello;
  • le labbra;
  • il cuore e i polmoni;
  • la colonna vertebrale;
  • l’addome con lo stomaco;
  • i reni e la vescica;
  • le gambe e le braccia;
  • le mani e i piedi;
  • il liquido amniotico e la placenta.

Se l’esame viene eseguito per studiare l’anatomia del feto e per riconoscere o escludere malformazioni maggiori è bene che venga effettuato tra le 19 e le 21 settimane di gestazione.

Con l’ecografia ostetrica del secondo trimestre si studia:

  • il numero dei feti;
  • la presenza o assenza del battito cardiaco del feto;
  • il numero dei sacchi amniotici e delle placente nelle gravidanze gemellari (corionicità), solo se non è stato rilevato nel primo trimestre, quando la valutazione è molto più accurata;
  • la localizzazione della placenta;
  • la quantità del liquido amniotico;
  • l’anatomia fetale.

Se effettuata per escludere malformazioni congenite, l’ecografia va eseguita tra le 19 e le 21 settimane di gestazione. Se non è stato fatto in quel periodo, l’esame va comunque eseguito nei seguenti casi:

  • per stabilire l’epoca gestazionale, qualora non sia stata eseguita l’ecografia del primo trimestre;
  • per determinare il numero dei feti e, nel caso sia necessario, definire se sono gemelli identici (monocoriali) o diversi (bicoriali), ma solo se tale valutazione non è stata effettuata nel primo trimestre, periodo in cui è molto più accurata;
  • se ci sono perdite di sangue dalla vagina;
  • se c’è un rischio specifico che il feto presenti delle malformazioni (presenza in famiglia di nati con malformazioni o sindromi particolari; genitori o parenti con anomalie genetiche e/o cromosomiche);
  • se sono stati assunti da parte della madre alcuni farmaci che possono indurre malformazioni;
  • se la donna soffre di diabete mellito insulino-dipendente, malattie autoimmuni o altre patologie;
  • se sono state riscontrate anomalie nei precedenti esami;
  • se viene richiesta una diagnosi prenatale invasiva (amniocentesi e cordocentesi);
  • se occorre misurare la lunghezza del collo dell’utero nelle pazienti a rischio di parto pretermine.

È importante che tutte le donne in gravidanza effettuino un’ecografia ostetrica standard nel corso del secondo trimestre per valutare l’anatomia del feto ed escludere o rilevare quelle malformazioni che possono essere rilevate con l’esame ecografico (screening delle malformazioni congenite).

L’esperienza finora acquisita suggerisce che un esame ecografico routinario consente di identificare dal 30 al 70% delle malformazioni maggiori fetali, cioè di quelle malformazioni che richiedono un trattamento chirurgico o assistenza medica dopo la nascita.

La possibilità di rilevare un’anomalia maggiore dipende da diversi fattori:

  • dalla localizzazione dell’anomalia: si individuano più facilmente le anomalie del sistema nervoso centrale o dell’apparato urinario rispetto alle anomalie cardiache.
  • dall’epoca gestazionale in cui si esegue l’esame(alcune anomalie fetali si manifestano solo nel terzo trimestre)
  • dall’entità dell’anomalia: più la struttura esaminata è compromessa, più è possibile vedere l’anomalia.
  • dalla posizione fetale: le anomalie della colonna si vedono meglio con il feto in presentazione cefalica e dorso anteriore, mentre le anomalie cardiache si vedono meglio con il feto col dorso posteriore.
  • dallo spessore dell’addome materno: maggiore è lo spessore dell’addome, maggiore è la difficoltà degli ultrasuoni a raggiungere le strutture da esaminare. A volte, in questi casi, la via trans vaginale, quando possibile, consente di visualizzare meglio le strutture fetali vicine alla sonda
  • dall’apparecchiatura a disposizione: più sofisticata è l’apparecchiatura, migliore è la qualità dell’immagine

È possibile che talune anomalie fetali possano NON essere rilevate all’esame ecografico. Inoltre, come già riportato in precedenza, alcune malformazioni si manifestano tardivamente (al 7°-9° mese) e perciò non sono visualizzabili durante le ecografie eseguite in epoche gestazionali più precoci, inclusa quella relativa allo screening delle anomalie fetali. Non è compito dell’ecografia di routine rilevare le cosiddette anomalie minori (ad esempio le anomalie delle dita delle mani e dei piedi). Quando durante l’ecografia di routine si sospetta o si accerta la presenza di un’anomalia fetale, viene richiesta un’ecografia di 2° livello o ecografia diagnostica. Questo tipo di ecografia viene eseguita da operatori esperti in diagnosi prenatale, in centri specializzati dotati di apparecchiature sofisticate e in grado di gestire sia gli aspetti prenatali che postnatali di una determinata patologia.

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